Stomaco

Funzione fisiologica Digestione delle sostanze
Funzione simbolica Analisi
Emozione luce Aggressività, iniziativa, potere, organizzazione
Emozione ombra Frustrazione, rifiuto, impotenza, rinuncia
Organi correlati Denti, unghie, capelli

 

Una volta masticato e inghiottito il cibo entra nello stomaco attraverso una valvola muscolare (cardias) che impedisce il reflusso e ne esce per entrare nell’intestino attraverso un’altra valvola muscolare (piloro).

All’interno dello stomaco il cibo si mescola agli enzimi e ai succhi gastrici, viene ridotto in forma liquida e passa nell’intestino.

Interpretazione e patologia

La funzione dello stomaco è dunque quella di accogliere il cibo masticato ed elaborato nella bocca, renderlo morbido, liquido, uniforme, omogeneo per essere assorbito dall’intestino.

Ecco dunque ben rappresentata la relazione accoglienza-aggressività, entrambe necessarie per un buon funzionamento dello stomaco.

I denti e le unghie, che negli animali sono gli artigli e le zanne, sono i più tipici esponenti della aggressività.

Denti sani e forti mi permettono di mordere e masticare i cibi più duri e succulenti, problemi ai denti o alle gengive restringono drasticamente la gamma delle scelte possibili.

La perdita dei denti, legata all’infanzia e alla vecchiaia, ci riporta a un sentimento di impotenza, di perdita di forza, di calo di energia vitale e sessuale, di giovinezza e salute.

In bocca in effetti avviene la prima fase della digestione: il cibo che rappresenta la materia, il mondo, la realtà, viene ridotto in piccoli pezzi, masticato, inghiottito in piccoli bocconi e sospinto verso il basso attraverso il tubo digerente (processo analitico).

Le impressioni della realtà perdono la loro Alterità e vengono interiorizzate grazie all’intervento di strumenti efficaci nella loro disgregazione e ristrutturazione.

Il bambino perde i denti da latte nel momento in cui esce dal mondo esclusivo della madre e del padre per entrare nella società, dove si richiedono mezzi nuovi e più taglienti per individuare e risolvere problematiche più complesse.

L’aggressività è proprio la capacità di andare incontro (etimologia da ad-gredior, vado verso) agli eventi del mondo confidando nella propria capacità di risolverne i conflitti (masticazione).

Una volta che il mondo è stato ridotto in parti più piccole e omogenee, ecco che può scendere in profondità (interiorizzazione) e fondersi con la mia essenza.

È noto il detto: dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei.

Nello stomaco l’analisi è più minuta, acidi potentissimi sostituiscono i denti nel processo di separazione e ristrutturazione, è proprio qui che il confine tra materia ed energia si fa più labile e non è più cosi facile distinguere tra una realtà fisica esterna ed una realtà psichica interna.

Dopo un’ora e più di elaborazione il panino col prosciutto è ormai ridotto ad una poltiglia omogenea i cui singoli componenti, lipidi, glucidi, carboidrati etc. sono più simili ad atomi e ad elettroni che non ad un maiale o alla spiga di grano da cui provengono.

E dunque è più difficile per lo stomaco stabilire se quello che non riesco a digerire, ad accogliere, ad accettare nella mia vita sia il panino o lo stato d’animo o la situazione in cui l’ho ingerito.

Se qualche aspetto della mia vita “non mi va proprio giù” o “non riesco a sopportarlo”, se qualcuno “mi sta sullo stomaco” o “me lo mangerei vivo”, ecco che lo stomaco e tutto il processo digestivo si incaricano di rendere più efficace la digestione di questo “amaro boccone”.

Il malato di stomaco solitamente non esprime la propria aggressività, la trattiene dentro di sé e la dirige contro se stesso (ulcera, gastrite, bruciori di stomaco), oppure la proietta sul cibo che diventa responsabile del suo malessere: le cosiddette intolleranze alimentari, le allergie, le intossicazioni.

Incapace di vedere il veleno che lui stesso secerne (acido cloridrico) lo trasferisce all’esterno, vede finalmente nel cibo la causa di tutti i suoi problemi e si priva di questo e di quello, una cosa proprio non la può digerire e un’altra davvero gli fa male.

Il malato di stomaco tenta di fuggire da ogni conflitto, sogna i cibi omogeneizzati precotti e premasticati e se possibile predigeriti, sogna il ritorno all’infanzia lontano da un mondo da conquistare con le unghie e con i denti.

Ma questa fuga impossibile da una sana aggressività lo conduce al logorio interiore ben noto col nome di ulcera (dal latino ferita), le unghiate che mi rifiuto di dirigere fuori per difendere il mio spazio si ritorcono contro di me, lacerano le mie viscere mentre la pesantezza, il bruciore, l’acidità, la nausea, il vomito, la flatulenza, l’eruttazione testimoniano del piccolo inferno personale popolato di demoni che mi porto appresso, che si agita dentro di me.

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U. Carmignani, A. Magnoni, S. Oggioni

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