Così Hawayo Takata narrava ai suoi studenti:
Mikao Usui era un monaco cristiano e come ogni domenica, si apprestava a officiare la regolare cerimonia nella cappella del collegio maschile di cui era anche il rettore.
La domanda: come si fa a credere in Dio?
Uno degli studenti si alzò in piedi, chiese il permesso di parlare e quando gli fu accordato disse: «Parlo a nome degli studenti che hanno concluso gli studi e lasceranno la scuola per andare nel mondo. Noi siamo giovani e abbiamo tutta la vita davanti a noi, ma abbiamo anche molti dubbi e timori e vorremmo delle rassicurazioni. Per anni abbiamo studiato in questo collegio e conosciamo la Bibbia, sappiamo che Gesù Cristo operava miracoli perché le persone credessero in lui. Ma noi non abbiamo mai assistito ad alcun miracolo e ci chiediamo che cosa significa credere in Dio. In tutti questi anni, Dottor Usui, Lei è stato il nostro insegnante e la nostra guida, conosciamo la Sua fede profonda nelle Sacre Scritture, ma noi non abbiamo la Sua fede. Per favore, la preghiamo di darci una dimostrazione che ciò che è scritto corrisponde a verità».
Usui disse che effettivamente era un buon cristiano e che aveva una assoluta fiducia che ciò che si diceva del Cristo fosse pura verità e che esistevano testimonianze storiche e opere teologiche che dimostravano le capacità taumaturgiche del Cristo e l’esistenza dei miracoli. Ma lo studente continuò: «Noi la onoriamo e la rispettiamo come nostro Maestro, ma tra poco noi saremo fuori di qui e ce la dovremo cavare da soli. Noi le chiediamo di farci vedere come si fa a restituire la vista a un cieco o a guarire un lebbroso o a resuscitare un morto». Usui rispose che questo non poteva farlo, perché nessuno glielo aveva insegnato. E lo studente riprese a parlare, questa volta con un velo di amarezza nella voce: «Noi la ringraziamo per tutto quello che ci ha insegnato, ma ora sappiamo che la Sua fede è una fede cieca e noi non vogliamo credere ciecamente a qualcosa, vogliamo fatti e dimostrazioni tangibili, vogliamo essere certi che quello che facciamo o diciamo esiste davvero. Lei ha ricevuto in dono questa fede assoluta e ha vissuto a lungo per rafforzarla, ma questo riguarda la Sua vita. Noi stiamo iniziando la nostra e abbiamo bisogno di una dimostrazione per continuare a credere in Lei e nei Suoi insegnamenti e avere un giorno la Sua stessa fede». Usui disse che non poteva mostrare alcuna guarigione in quel momento, e non volle proseguire oltre quella discussione.
Ma le parole dello studente lo avevano profondamente colpito e dopo un lungo silenzio aggiunse: «Bene, dunque. Io non posso dimostrarvi nulla, in questo momento, ma un giorno ve lo proverò. E per fare questo fin da ora rassegno le mie dimissioni da ogni incarico e parto alla ricerca del segreto della guarigione. E quando lo troverò, ritornerò e ve ne darò una dimostrazione». E così Mikao Usui, non più giovanissimo, partì alla ricerca di come poter guarire gli ammalati e ridare la vista ai ciechi. Per sette anni approfondì i suoi studi sul Cristianesimo e sulla Bibbia ma non trovò alcuna spiegazione né alcuna formula sulla guarigione. Studiò altre Religioni e Filosofie e quando giunse al Buddhismo scoprì che anche il Buddha conosceva l’arte di guarire i ciechi e i lebbrosi.
La Ricerca di Usui
Si recò dunque nei monasteri chiedendo ai monaci se fosse vero che nei Sutra si parlava del potere di guarire le malattie, ma la risposta era quasi sempre la stessa: «Sì, certo, è scritto che il Buddha guariva i lebbrosi appoggiando le mani sul loro corpo, ma noi monaci buddhisti riteniamo che tutto dipenda dalla mente e non possiamo dedicare molto tempo al corpo. Certo è importante mangiare e bere moderatamente e occuparsi di essere in salute e rispettosi della vita, ma quello che ci preme innanzitutto è la salute dello Spirito. Per questo noi trascorriamo lunghe ore immobili nella meditazione o recitando preghiere, per trascendere il corpo e sviluppare le facoltà della mente». E ogni volta Usui faceva un inchino, ringraziava e andava nel monastero successivo. Trascorsero mesi e mesi di infruttuose ricerche, tutti sembravano troppo occupati con la mente per interessarsi del corpo, e Usui era molto depresso. Ma non mollava e ogni volta diceva a sé stesso che evidentemente doveva esserci un altro posto in cui cercare. E finalmente incontrò un Tempio Zen, fu accolto con benevolenza, gli fu accordato il permesso di leggere i Sutra e di partecipare alle sedute di meditazione con i monaci. Passarono altri tre anni ed era sempre più chiaro per Usui che le ricerche sarebbero durate ancora molto tempo. Egli comprese che molte trascrizioni erano originariamente scritte in cinese e per leggerle imparò il cinese, poi pensò che Buddha era nato in India e che sicuramente molte delle scritture non erano state ancora tradotte.
Il Segreto è nel Cuore
E fu proprio in quei Sutra scritti nell’antica lingua sanscrita che Usui alla fine trovò la formula: il Sutra del Cuore. Niente di complicato, semplice e chiara come due più due fa quattro e tre più tre fa sei. Ma la formula era stata scritta 2500 anni prima. Doveva essere interpretata correttamente. Avrebbe funzionato o lo avrebbe ucciso?
Usui parlò con il monaco che dirigeva il monastero Zen: «Andrò sul monte Koriyama e mi sottoporrò alla prova per 21 giorni. Digiunerò e mediterò. Arrivato a questo punto non posso tirarmi indietro. Se il 22º giorno non sarò ritornato, mandate a cercare il mio corpo perché vorrà dire che sono morto». E partì. Scelse un luogo vicino a un corso d’acqua, si sedette sotto un grande cedro e iniziò la meditazione. Collocò davanti a sé ventun sassolini, e ogni giorno che passava ne toglieva uno. Egli sapeva che doveva aspettare che accadesse qualcosa, ma non sapeva cosa. E nel frattempo leggeva le scritture, recitava i Sutra, meditava e beveva solo acqua. Stava per sopraggiungere l’alba del 21º giorno, la notte era ancora scura, senza luna, senza stelle. Quella era l’ultima meditazione. Quando aprì gli occhi vide in lontananza una piccola luce tremolante, come la fiamma di una candela. La luce si avvicinava verso di lui, puntando diritta alla fronte. Ne ebbe paura, pensò che era ancora in tempo per evitarla o per chiudere gli occhi, ma sapeva che quella era la prova che stava aspettando e rimase a fissarla. In un attimo la luce lo colpì in mezzo alla fronte e l’impatto fu così forte che Usui cadde all’indietro.
Quando cominciò a guardarsi intorno, ancora stordito dal colpo, vide milioni e milioni di sfere di luce agitarsi, muoversi, danzare davanti a lui. Avevano tutti i colori dell’arcobaleno, tutti e sette. Una grande luce apparve davanti a lui e come su uno schermo egli vide passare in lettere dorate ciò che aveva appreso quando leggeva il testo sanscrito. Le parole pulsavano davanti ai suoi occhi come dicendo: «Ricordati, Ricordati. È Così. Ricordati». E Usui non sentiva più dolore, né paura, né fame né stanchezza e sentì che aveva ricevuto una benedizione, quel giorno. «Ora posso aprire gli occhi e gettare l’ultimo sasso» disse.
Si alzò e riprendendo il cammino di ritorno si accorse che le sue gambe erano forti e i piedi stabili, come se avesse pranzato. «Questo è il primo miracolo!» pensò, «mi sento sazio e riposato». Scendendo dalla montagna, inciampò in una roccia e si ferì un dito del piede, l’unghia era staccata, la ferita sanguinava e doleva molto. Istintivamente afferrò il dito con la mano e poco dopo sentì un profondo calore che entrava nella ferita. Il dolore scomparve e il sangue cessò di uscire. «Questo è il secondo miracolo», pensò. E continuò il cammino. Dopo un po’ incontrò una locanda e si fermò per riposare e per mangiare qualcosa.
Il primo Trattamento di Reiki
La figlia del padrone aveva un terribile mal di denti e da settimane piangeva dal dolore. Usui mise le mani sulle sue guance e in breve il male svanì. La ragazza incredula e felice saltava qua e là ringraziando e dicendo a tutta la famiglia che quello non era un monaco normale, ma che aveva qualcosa di magico nelle sue mani. Il padrone della locanda per sdebitarsi offrì una abbondante colazione al suo inatteso ospite, non nascondendo il timore che dopo tanti giorni di digiuno potesse arrecargli danno. Dopo essersi saziato Usui pensò che erano accaduti altri due miracoli: la ragazza non aveva più il mal di denti e lui non aveva fatto indigestione!
Verso sera fu di ritorno al monastero e come prima cosa voleva vedere il monaco per raccontargli ogni cosa, ma il monaco soffriva di artrite ed era in preda a un violento attacco di mal di schiena. Usui andò a trovarlo nella sua piccola stanza e mentre raccontava teneva appoggiate le sue mani sulla schiena del povero malato. E disse del digiuno, della lunga attesa, della luce e di come era andata la giornata. Terminato il racconto Usui fece per congedarsi, ma il monaco dopo un attimo di stupore disse: «Il dolore non c’è più, potrò dormire finalmente! Mi sento meravigliosamente e pieno di energia! Così è questo che tu chiami Reiki! Domani parleremo ancora».
Reiki nel mondo
E così decisero che il modo migliore per usare il segreto della guarigione era portarlo dove più ce ne era bisogno, ovvero nei sobborghi di Kyoto, nel quartiere dei mendicanti. E infatti Usui vi si stabilì per diversi anni, perfezionando la tecnica della guarigione: scoprì che i giovani guarivano più in fretta, bastavano pochi giorni di trattamento, mentre i più vecchi necessitavano di settimane, a volte mesi di applicazioni di Reiki. Egli lavorava instancabilmente e poco a poco tutti o quasi avevano potuto guarire le loro malattie, recarsi in città, trovare un lavoro e diventare cittadini rispettabili.
Ma un brutto giorno, mentre Usui girava per il sobborgo per vedere quanto lavoro restava ancora da fare, incontrò una faccia conosciuta, e poi un’altra e un’altra ancora. Le persone che aveva curato e che avevano cambiato vita stavano ritornando indietro, volevano fare di nuovo i mendicanti. Usui ebbe un violento accesso di collera, vide il lavoro di anni vanificarsi in un attimo e gridava: «Cosa ho fatto? Cosa ho fatto? Io non ho salvato una sola anima! Dunque avevano ragione che la mente è più importante del corpo. Ho dunque fallito, completamente fallito? Se avessi pensato prima di tutto a guarire il loro spirito e poi il corpo, forse non sarebbe andata così». Ed era davvero deluso e amareggiato e se la prendeva con sé stesso. E quando chiese ai mendicanti perché fossero tornati, uno rispose: «Chiedere l’elemosina è un mestiere molto più facile di tutti quelli che ho trovato là fuori. È più facile trovare qualcosa da mangiare e un posto dove dormire che lavorare tutto il giorno. Fare il mendicante è un buon lavoro, mi riempio la pancia e non devo stressarmi più di tanto». Le ultime parole di Usui furono: «Ingrati, siete avidi e ingrati, volete tutto per voi e non siete disposti a dare nulla in cambio: ecco perché siete di nuovo in mezzo al fango. I mendicanti restano mendicanti, siete solo capaci di chiedere, ma non conoscete gratitudine né generosità. Basta Reiki, basta mendicanti!».
Il percorso di crescita e i Principi di Reiki
Ma gli anni di lavoro nel quartiere non erano stati vani: ora egli sapeva che non bastava guarire il corpo, ma occorreva anche insegnare agli uomini a essere grati per la vita, a essere onesti e generosi, a ringraziare Dio per i doni di ogni giorno. E così nacquero i Principi di Reiki: solamente per oggi, non arrabbiarti. Solamente per oggi, non preoccuparti. Terremo conto di tutte le benedizioni e onoreremo i nostri genitori, i nostri insegnanti e i nostri vicini. Onoreremo il cibo, non lo sprecheremo, perché anche il cibo è un dono di Dio. Vivremo onestamente, ci guadagneremo da vivere in modo dignitoso e infine saremo pieni di amore e di compassione verso tutto ciò che ha vita.
Usui trascorse il resto della sua vita viaggiando a piedi per tutto il Giappone. Egli andava nei mercati affollati di gente e vagava su e giù con una lampada accesa in mano in pieno giorno. E quando qualcuno gli faceva notare, rispettosamente, poiché era un monaco conosciuto e stimato, che se cercava qualcosa non c’era bisogno di quella luce, perché era giorno e si vedeva benissimo, egli rispondeva: «Quello che sto cercando io non si vede alla luce del sole. Il mondo è pieno di gente triste, chiusa e arrabbiata. Io cerco qualcuno che abbia voglia di far luce nel suo cuore e guarire da ogni sofferenza, e rendere puri e forti la mente, il carattere e il corpo. Se vuoi ascoltare questa lezione, seguimi».
L’insegnamento del Sutra si propone sotto forma di discorso che il mitico bodhisattva Avalokitesvara, simbolo cosmico della compassione, indirizza a Sariputra, discepolo storico di Gautama Buddha.
«Il Sutra del Cuore della Vittoriosa Perfezione della Saggezza»
Così udii.
Una volta il Bhagavan dimorava sul Picco dell’Avvoltoio vicino alla città di Rajgir. Egli era accompagnato da un gran numero di monaci e Bodhisattva. In quell’occasione, il Bhagavan era immerso in una particolare concentrazione, chiamata «Profonda Apparenza». Nello stesso momento il Bodhisattva, il Grande Essere, il Nobile Avalokiteshvara contemplava la pratica profonda della Perfezione della Saggezza. Egli vide che i cinque costituenti psicofisici sono privi di una loro propria intrinseca natura.
Poi, tramite il potere del Buddha, il Venerabile Shariputra si accostò al nobile Avalokiteshvara e gli chiese: «Come deve procedere il figlio di un Nobile Lignaggio che desideri seguire la pratica della Perfezione della Saggezza?». Il nobile Avalokiteshvara rispose con queste parole al Venerabile Shariputra: «Qualsiasi figlio o figlia di Nobile Lignaggio che desideri seguire la profonda disciplina della Perfezione della Saggezza dovrebbe considerare le cose nel modo seguente: Prima di tutto dovrebbe considerare che i cinque costituenti psicofisici sono privi di una loro propria e intrinseca natura.
La forma è vuoto, il vuoto è forma, il vuoto non è altro che forma e la forma non è altro che vuoto.
Allo stesso modo sono vuoti sensazioni, discriminazioni, fattori di composizione e coscienze. Similmente, tutti i fenomeni sono vacuità; sono privi di caratteristiche; non sono prodotti e non cessano; non sono contaminati e non sono privi di contaminazioni; non diminuiscono e non crescono.
Perciò nel vuoto non c’è forma, né sensazione, né discriminazione, né fattore di composizione, né coscienza. Non più occhi, né orecchi, né naso, né lingua, né corpo, né mente. Non più forme visibili, né suoni, né odori, né sapori, né oggetti tangibili, né fenomeni; e neppure il costituente dell’occhio e così via, fino a includere il costituente della mente e il costituente della coscienza mentale. Non più ignoranza, né fine dell’ignoranza, non più vecchiaia nè morte, nè fine della vecchiaia e della morte.
Similmente non più sofferenza, origine, cessazione e sentiero. Non più saggezza suprema, né ottenimenti e neppure mancanza di ottenimenti. Perciò, poiché non c’è ottenimento, i bodhisattva si basano e dimorano nella perfezione della saggezza, le loro menti sono senza più oscuramenti e senza paura.
Essendo completamente andati al di là di ogni errore, raggiungono il punto finale, il Nirvana. E, affidandosi alla perfezione della saggezza, è evidente che tutti i Buddha dimoranti nei tre tempi si sono anche completamente risvegliati all’insorpassabile perfetta e piena Illuminazione.
Perciò il mantra della perfezione della saggezza, il mantra della grande conoscenza, il mantra insorpassato, il mantra uguale a ciò che non ha eguali, il mantra che pacifica completamente tutte le sofferenze, dal momento che non è falso dovrebbe essere conosciuto come vero.
Si proclama il mantra della perfezione della saggezza.
tayata gate gate paragate parasamgate bodhi svaha
È così, vai, vai, vai oltre, vai ancora oltre fino all’Illuminazione e in quello stato resta per sempre.
È in questo modo che il bodhisattva mahasattva dovrebbe addestrarsi nella profonda perfezione della saggezza».
Un commentario consigliato è “Il Sutra del Cuore” del Dalai Lama, Sperling & Kupfer Editori.
IL SUTRA DEL CUORE IN SANSCRITO
prajnaparamita hridaya sutra
aryavalokitesvaro bodhisattvo
gambhiram prajnaparamita caryam caramano vyavalokayati
sma panca skandhas tams ca sva bhava sunyam
pasyati sma iha sariputra
rupam sunyata va rupam rupan na prithak
sunyata sunyataya na prithag rupam
yad rupam sa sunyata ya sunyata sa rupam
evam eva vedana samjna samskara vijnanam
iha sariputra sarva dharma sunyata
laksana anutpanna anruddha avmala anuna aparpurna
ta sariputra sunyatayam
na rupam na vedana na samjna na samskara na vijnana
na caksuh srotam na ghrana jihva kaya manah
na rupa sabda gandha rasa spistavya dharmah
na caksur dhatur ya van na mano vijnanam dhatur
na vidya na vidya na vidya ksayo va vidya ksayo
ya van jaramaranam na jaramarana ksayo
na duhkha samudaya nirdoha margajna
na jnanam na prapti na bhismaya tasmai na prapti
tvad bodhisattva prajnaparamita asritya
viha ratya citta varano vidya ksayo na vidya ksayo
ya van jaramaranam na jaramarana ksayo
na duhkha samudaya nirodha margajna
na jnanam na prapti na bhismaya tasmai na prapti
tvad bodhisattvanam prajnaparamita asritya
viha ratya citta varano citta varano
na siddhitvad atrasto vipa ryasa ti kranto
ni stha nirvana tya dha vyava sthitah
sarva buddhah prajnaparamitam asritya
ta smai jnata vyam
prajnaparamitamahamantram mahavidyamantram
anuttaramantram asamasama mantram
sarva duhkha prasa manam sa tyam ami thyatvat
prajnaparamitayam ukto mantrah tadyatha
GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA
IL SUTRA DEL CUORE IN GIAPPONESE
[Sutra del cuore della Grande Sapienza profonda]
MAHA PRAJNA PARAMITA HRDAYA SUTRA
Maka hannya haramita shin gyo
1 KAN JI ZAI BOSATSU
2 GYO JIN HANNYA HARAMITA JI
3 SHOKEN GO ON KAI KU
4 DO ISSAI KU YAKU
5 SHARISHI
6 SHIKI FU I KU
7 KU FU I SHIKI
8 SHIKI SOKU ZE KU
9 KU SOKU ZE SHIKI
10 JU SO GYO SHIKI YAKU BU NYO ZE
11 SHARISHI
12 ZE SHO HO KU SO
13 FU SHO FU METSU
14 FU KU FU JO
15 FU ZO FU GEN
16 ZE KO KU CHU
17 MU SHIKI MU JU SO GYO SHIKI
18 MU GEN NI BI ZES SHIN I
19 MU SHIKI SHO KO MI SOKU HO
20 MU GEN KAI NAI SHI MU I SHIKI KAI
21 MU MUMYO YAKU MU MUMYO JIN
22 NAI SHI MU RO SHI YAKU MU RO SHI JIN
23 MU KU SHU METSU DO
24 MU CHI YAKU MU TOKO
25 I MU SHO TOKU KO
26 BODAISATTA
27 E HANNYA HARAMITA KO
28 SHIN MU KEIGE MU KEIGE KO
29 MU U KUFU
30 ON RI ISSAI TENDO MU SO
31 KUGYO NEHAN
32 SAN ZE SHO BUTSU
33 E HANNYA HARAMITA KO
34 TOKU ANOKUTARA SANMYAKU SAMBODAI
35 KO CHI HANNYA HARAMITA
36 ZE DAI JIN SHU
37 ZE DAI MYO SHU
38 ZE MUJO SHU
39 ZE MUTODO SHU
Il Sutra del Cuore